Con la crisi energetica e gli attacchi alla sicurezza informatica entra con forza nel tema della sostenibilità anche il digitale. Ce ne parla Pietro Jarre, fondatore di Sloweb e promotore di piattaforme per l’uso responsabile del web come Mailrake e eMemory, da decenni impegnato in sviluppo di imprese dedite alle valutazioni di impatto ambientale e sociale.
Pietro, cosa è la Corporate Digital Responsibility (CDR) e perché è così importante?
Partirei dalla definizione che ne ha dato Lobschat: la CDR è l’insieme di valori e di norme che guidano una organizzazione nella creazione e/o nell’uso di tecnologie digitali e di dati, ma vorrei specificare che oggi la CDR deve essere questo, ma nella precisa prospettiva di perseguire la sostenibilità digitale (sociale, economica, e ambientale).
L’ambito: le corporations, aziende pubbliche e private, di servizi ma non solo, che producono tecnologie e servizi o semplicemente li usano (tutte le imprese peraltro ormai creano e manipolano insiemi di dati, e in ciò consiste una parte crescente del loro valore). Applicare la CDR nella progettazione di servizi, chiedersi SE e non solo come si progetta, nella produzione come ridurre al minimo i dati raccolti e l’energia utilizzata, come garantire la riparabilità se non favorire l’economia circolare dei device.
Come farlo? Ogni impresa può creare tecnologie digitali e gestire dati in un modo responsabile o meno. Alcuni esempi:
● Sviluppando il mio e-commerce ho valutato come ridurre il consumo energetico?
● Nel definire quanti dati dei fornitori o dei clienti raccogliere, ho tenuto conto del costo della loro manutenzione e dei rischi di non tenere sotto controllo la privacy?
● Cosa facciamo per ridurre l’impronta ambientale del nostro consumo digitale?
● Come imprenditore sono un buon esempio o un cattivo esempio nell’uso responsabile del digitale?
Nel 2020 con Sloweb abbiamo ospitato tre interventi sulla CDR al Digital Ethics Forum, riportati nel Manuale di InformEtica appena uscito per Loescher: l’emergere del concetto della CDR è importante perché la responsabilità digitale è un elemento chiave e urgente per ogni impresa – digitale o meno - che voglia esistere anche per cambiare in meglio la società, facendo un profitto stabile ragionevole e giusto. Profitto, un must have, non un nice to have.
Ci sono esempi di aziende in Italia che hanno inserito la CDR all'interno del loro bilancio aziendale?
Alcune aziende in Europa Centrale si sono dotate di politiche di CDR e non poche in Italia stabiliscono già pratiche che servono da esempio. Esistono sia aziende che producono digitale come Synesthesya che, aderendo ai principi delle società benefit, si impegna a usare il digitale per scopi socialmente utili, sia aziende che producono un digitale green come Piano D, produttore di siti web che riducono il consumo energetico al minimo. Esistono anche aziende che creano procedure o strumenti per aiutare a mettere in pratica politiche di responsabilità digitale, come SmartFlow o Mailrake, che guidano i dipendenti ad auto verificare se hanno usato il proprio account aziendale per ragioni personali e a ridurre la loro impronta digitale.
Quali sono i progetti futuri, cosa bolle in pentola?
È urgente che nei luoghi di lavoro, come nelle scuole e nelle comunità, si discuta, rifletta e agisca affinché la tecnologia sia dedicata a nobili cause, alla giustizia sociale e al progresso. Sono genuinamente convinto che molte aziende possano e vogliano contribuire a questa presa di coscienza, partendo dalle loro azioni attuali e future per generare un cambio di direzione: dall’uso della tecnologia per il solo profitto economico di pochi a un uso per un profitto che vada oltre questo aspetto e coinvolga anche quello sociale, ambientale, e anche economico, e non di pochi.
Come detto prima, in Italia non si è ancora fatto molto in specifico sulla CDR, ma ci sono molti punti di riferimento per un buon lancio della CDR nel nostro paese: il movimento delle società benefit, quello delle B Corp, i numerosi e attivi movimenti dei consumatori – presto vorrei vedere quello dei consumatori digitali – tantissimi insegnanti e operatori sanitari, qualche centro universitario, alcune forze in Parlamento in Italia e in Europa. Manca – non dappertutto per fortuna – il senso etico nel generare rapporti veritieri sulle politiche intraprese; i dati recenti sulle generali falsità contenute nella reportistica ESG in generale non riguardano solo l’Italia, e sono preoccupanti.
Con aziende italiane – ho citato prima Synesthesia, Smartflow, MailRake e Piano D – e aziende come Ethics Grade e Weleda da UK e Svizzera, e con Rob Price fondatore di www.corporatedigitalresponsability.net – promuoviamo un primo evento di divulgazione sulla CDR nell’ambito del Salone della CSR il 21 Aprile, a Ivrea, con Quinto Ampliamento e Walls Down, ospitando diverse associazioni di industrie del NW. Il titolo: La responsabilità digitale dell’impresa: opportunità e urgenze di fronte al PNRR. Lo scopo: coagulare un primo nucleo di riferimento per connetterci al più presto con le aziende che facendo CSR possono essere interessate alla CDR e più predisposte di altre.
Riferimenti
Intervista a Pietro Jarre, fondatore di Sloweb e promotore di piattaforme per l’uso responsabile del web come Mailrake e eMemory
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