Oggi più che mai sappiamo che è necessario introdurre nuovi modelli produttivi sostenibili in grado di limitare il consumo delle risorse del nostro pianeta.
La coltivazione del bambù a scopo industriale risponde a queste esigenze ed è stata fino ad oggi realizzata con successo soprattutto in Asia, dove nella sola Cina la sua coltivazione ha ormai una storia di 50 anni e ad oggi sono presenti oltre 10 milioni di ettari coltivati a bambù [1]. La pianta del bambù gigante è caratterizzata da una crescita molto rapida, che raggiunge di norma i 15 metri di altezza, e un’elevata resistenza e longevità (80/120 anni).
Ma perché si dovrebbe introdurre in Europa la coltivazione di una pianta non autoctona?
Le coltivazioni di bambù rispondono alla domanda mondiale di legno molto meglio delle normali foreste: a maturità raggiunta, un bambuseto viene infatti diradato ogni inverno di circa il 30% della sua superficie (cioè delle sole canne di bambù pronte per essere tagliate). La rapidissima crescita della pianta consente di avere l’anno successivo un altro raccolto del 30% della superficie e questo processo va avanti per l’intera vita del bambuseto (stimato in circa 100 anni) [2]. È evidente quindi il vantaggio produttivo che questo tipo di coltivazione genera rispetto ad una superficie coltivata a legno e poi completamente disboscata a maturità.
Inoltre, un ettaro di Bambù può generare circa 300 tonnellate di biomassa all’anno e quindi fornire un grande contributo al sequestro del carbonio nell’atmosfera [3].
Venendo agli usi del bambù, le canne sono utilizzate in campo edilizio ed architettonico come materiale da costruzione, avendo una maggiore resistenza a tensione e compressione rispetto ai tipologie di legno comunemente utilizzate. Tralasciando il settore dell’edilizia, gli usi di questo materiale sono praticamente infiniti e sfruttano la caratteristica flessibilità delle fibre di bambù per creare bio-plastiche ad impatto ambientale basso o nullo. Infine, il germoglio di bambù è un alimento ancora poco conosciuto ma molto apprezzato dagli addetti ai lavori [4].
Ma il bambù non è una pianta infestante?
La coltivazione del bambù non rischia di propagarsi se vengono presi idonei accorgimenti di tipo strutturale quali la perimetrazione delle piantagioni con fossati che impediscono il propagarsi delle radici del bambù. Quanto alla diffusione per via aerea cui viene a volte fatto riferimento, questa è possibile solo durante la fioritura del bambù, cioè circa 1 volta ogni 100 anni, al termine del ciclo naturale di vita della pianta.
In Italia la società Forever Bambù ha avviato la coltivazione del bambù gigante in diversi siti nel nord Italia sin dal 2014 e si candida ad essere la società di riferimento per questo tipo di coltivazioni nel panorama europeo. Di Giulio Pipparoni
Fonti [1] La Repubblica, Gli infiniti usi del bambù che danno lavoro, Carlo Reschia, 26 gennaio 2021.
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/gli_infiniti_usi_del_bambu_che_danno_lavoro-284137171/ [2] GreenCity, il bambù gigante: un ettaro compensa emissioni annuali di CO2 di circa 40 persone, 14 gennaio 2021
https://www.greencity.it/green-life/12866/il-bambu-gigante-alleato-dell-ambiente-un-ettaro-compensa-emissioni-annuali-di-co2-di-circa-40-persone.html [3] Adnkronos, Bambù gigante alleato dell'ambiente, 13 gennaio 2021
https://www.adnkronos.com/bambu-gigante-alleato-dellambiente_5pP9wyfDpDqtNP43q5Tj9o?refresh_ce [4] La stampa, Dalla foresta ai manicaretti: crudo, fritto o negli impasti, Torino ora cucina il bambù, Sarah Scaparone, 28 maggio 2021
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