L’energia gioca un ruolo centrale nei sistemi economici di ogni paese, è alla base del funzionamento di imprese ed economie domestiche.
La costante possibilità di utilizzo riservata alla quasi totalità dei cittadini occidentali si scontra con un panorama globale caratterizzato da importanti differenze, sia in termini di accesso, sia nell’utilizzo delle fonti energetiche. L’accesso ad energia pulita (SDG 7) rappresenta inoltre una componente fondamentale per sconfiggere la povertà (SDG 1), garantire la sostenibilità di città e comunità (SDG 11 ) e contrastare il cambiamento climatico (SDG 13).
I dati che rappresentano i due target in relazione al settimo obiettivo ONU – accesso universale all’energia (7.1) e l’aumento della capacità generata da fonti rinnovabili (7.2) - sono i seguenti:
789 MILIONI DI PERSONE SENZA ACCESSO ALL’ENERGIA
17% DI ENERGIA GENERATA DA FONTI RINNOVABILI
Nonostante il trend positivo [1] osservato nell’ultimo decennio, anche grazie ai progressi tecnologici di solare e fotovoltaico [2], la necessità di aumentare il flusso di investimenti verso le fonti rinnovabili è diffusa tra imprese e i governi di tutto il mondo e le politiche post-Covid hanno confermato questa tendenza. Se i governi indirizzano le scelte, è però il settore privato a realizzare la maggior parte dei nuovi impianti, disegnando lo scenario energetico del futuro.
In riferimento al contesto italiano, è fondamentale capire il ruolo giocato dai grandi istituti di credito nel finanziare la transizione energetica, a partire dal più grande soggetto bancario del paese: Intesa San Paolo.
L’istituto torinese individua nell’SDG 7 uno dei pilastri delle proprie strategie di sostenibilità, definendo nuovi target sempre più ambiziosi nell’utilizzo di energia prodotta da fonte rinnovabile (ad oggi 84,3% dell’energia totale). Se il consumo interno però, data la natura delle attività di una banca, ha un impatto relativamente limitato, nel 2017 il Gruppo ha lanciato per primo un’operazione destinata a cambiare il mercato italiano: l’emissione di un green bond, interamente dedicato alla transizione energetica. Se infatti il mercato delle obbligazioni green vive in questo momento una fase di grande espansione globale [3], Intesa San Paolo è stata pioniera in Italia, raccogliendo 500 milioni a fronte di una domanda molto superiore.
La valutazione degli impatti rappresenta un elemento cruciale per comprendere se l’operazione è un successo o si riduce a mero green-washing. Dai documenti pubblicati negli anni successivi, che raccontano l’utilizzo dei fondi raccolti dal bond e gli impatti generati, ci si rende conto dell’importanza e dell’efficacia dell’operazione:
Oltre 350.000 tonnellate di emissioni di CO2 evitate.
un risparmio di energia pari a 27.000 MWh.
produzione di energia rinnovabile per quasi 1 milione di MWh.
75 progetti finanziati.
64% dei fondi destinato al fotovoltaico, il 12,6% all’eolico, il 12,5% alle biomasse, il 9,3% all’idroelettrico l’1,6% all’efficienza energetica. [4]
L’esempio presentato conferma la centralità di grandi e piccole banche nel mobilitare le risorse necessarie per una transizione energetica di successo, cooperando con il settore pubblico nel vincere le grandi sfide globali dei prossimi decenni. Di Michele Dolcini
Fonti
[1] UN (2020) Energy Progress Report
[3] Flammer C. (2021) Corporate Green Bonds. Journal of Financial Economics.
[4] Intesa San Paolo (2019) Green Bonds Report
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