Una pera bislunga, una melanzana col naso, una patata a forma di cuore. Si sa: la frutta e la verdura, un po’ come noi, sono imperfette. Però i più profondi, che non si fermano alle apparenze, potranno scoprire che, spesso, dietro frutti e ortaggi esteticamente brutti o “fuori forma” si celano le stesse qualità della frutta “bella”!
In questo articolo vorrei presentarvi 4 realtà attive su Milano, che si sono cimentate nell’impresa di vendere frutta e verdura brutta (!) e riflettere insieme sul significato di questo nuovo trend di consumo.
La prima attività nasce nel 2018 e si chiama, non a caso, Bella Dentro [1] : il suo obiettivo è proprio ridurre gli sprechi causati dallo scarto di frutta e verdura fuori standard, acquistate da produttori italiani.
Il progetto nasce su un’ape che gironzola per Milano vendendo prodotti ortofrutticoli rigorosamente brutti e sensibilizzando le persone rispetto allo spreco a cui sono, normalmente, destinati. Dalle prime scorribande sull’apecar il progetto, oggi, si è ingrandito: oltre a due negozi e l’e-commerce, è nata infatti una linea di trasformati a marchio Bella Dentro, realizzati in partnership con L’Officina Cooperativa Sociale di Codogno [2].
Veniamo alla prossima realtà, il cui nome esotico riprende quello di un frutto che, tagliato, ha una forma particolare, a stella: il babaco. BabacoMarket [3] è un e-commerce che consegna a domicilio cibo “fuori dall’ordinario”, come descritto sul sito, in una box di due diverse dimensioni, Bonsai o Jungle, a cui ci si può abbonare a cadenza settimanale o quindicinale. Come Bella Dentro, anche Babaco comunica con attenzione chi sono produttori di riferimento – tutta la filiera è italiana – la mission dell’azienda e la sua filosofia. Il progetto è nato in piena pandemia, a maggio 2020, a Milano e nell’hinterland e si è poi diffuso in altre province della Lombardia, in Emilia Romagna e in Piemonte.
La terza realtà che vi presento nasce direttamente dall’intuizione di un produttore: si tratta del progetto Buono Dentro [4] dell’Azienda Agricola Sociale “Il Cascinetto” [5]. L’impresa ritira ogni anno mele “brutte ma buone” in conversione biologico da quattro aziende agricole cremonesi e le vende, insieme a quelle con gli stessi standard del proprio frutteto, a partire da 1,00 € al kg nei mercati contadini di Milano, trasformandone un’altra parte in succo di mela e polpe di frutta.
Infine, anche un’azienda molto più nota, NaturaSì [6], sta promuovendo un’iniziativa di questo genere. Si chiama CosìperNatura [7] ed è un progetto nato nel 2020 in collaborazione con Legambiente, con il quale l’impresa propone ai clienti un’ortofrutta non standardizzata ma con le stesse caratteristiche degli altri prodotti venduti, quindi, in primis, biologica.
Quali conclusioni possiamo trarre?
La diffusione di queste realtà sembra offrirci il ritratto di un consumatore che valuta la qualità del cibo sempre meno secondo i canoni estetici “classici”, e sempre di più in base a un concetto di qualità più profondo, legato per esempio al luogo di produzione del cibo (è italiano? è a km0?), al processo di produzione (è biologico?), alla sostenibilità economica e sociale del produttore (è remunerato equamente? è coinvolto in progetti sociali?), ma soprattutto davvero attento al desiderio di non sprecare, che sembra essere, a tutti gli effetti, un nuovo valore.
[1] belladentro.org
[3] babacomarket.com
[6] naturasi.it
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