Tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile non poteva mancare un bene primario come l’acqua. Il Gruppo Aperto di Lavoro delle Nazioni Unite ha delineato una missione ambiziosa: “garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”. Il raggiungimento di questo obiettivo viene proposto attraverso l’applicazione di quattro principi:
separare l’acqua potabile dalle acque reflue;
raggiungere e trattare l’acqua potabile al fine di rimuovere i contaminanti chimici e biologici;
proteggere e ripristinare gli ecosistemi di acqua dolce;
garantire l’accesso e il diritto all’acqua potabile. [1]
Tra le lodevoli iniziative che lavorano alla diffusione di questo obiettivo, citiamo il progetto
"Le Città e la gestione sostenibile dell’acqua e delle risorse naturali ", finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo (AICS).
Il progetto, avviato nel 2019, coinvolge un cospicuo numero di partner come: CAFC Spa, Cittadinanzattiva, Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell’Acqua, Comune di Milano–Assessorato all’Ambiente, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, GMA Montagnana, MM SpA, People Help the People e Università degli studi di Udine.
L’idea nasce in risposta alla percezione di molti cittadini italiani che l’acqua sia una risorsa illimitata. Accanto ad essa si è associata una scarsa fiducia degli stessi nel bere l’acqua di rubinetto (il 29,1% della popolazione) e conseguentemente un trend crescente all’uso dell’acqua in bottiglia di plastica. [2]
Un paradosso se consideriamo che la qualità dell’acqua del rubinetto in Italia è tra le migliori d’Europa eppure; secondo i dati del Censis, il 62% delle famiglie preferisce però l’acqua in bottiglia. [3]
Ma non dobbiamo dimenticare che i cambiamenti climatici incidono pesantemente sulla disponibilità di acqua. Al contempo lo sfruttamento delle risorse idriche globali metterà a rischio l’accesso all’acqua potabile per il 52% della popolazione mondiale, soprattutto per le popolazioni povere e emarginate. Non ci sorprende quindi che sia proprio l’AICS l’ente capofila del progetto. Le città possono gestire meglio l’acqua?
Secondo il progetto sì. Come? Attivando percorsi di responsabilizzazione si può lavorare sulla diminuzione dell’impatto ambientale. Il progetto vuole infatti aumentare la conoscenza circa le criticità legate ai cambiamenti climatici in modo tale da attivare comportamenti virtuosi nella società civile. I fronti su cui lavora sono diversi ma tutti finalizzati ad esplorare la percezione e le esigenze dei cittadini sulla qualità dell’acqua.
I cittadini sono i destinatari di workshop, seminari e incontri pubblici. Questi momenti divulgativi hanno lo scopo di avviare dibattiti sulla complessità della questione “acqua” e, contemporaneamente, del suo valore come bene comune, limitato e scarso. La riflessione viene accompagnata sino alla comprensione della necessità di un impegno sia delle Aziende di gestione, che delle Amministrazioni pubbliche e delle Istituzioni. L’acqua viene presa come paradigma attorno al quale costruire buone prassi di comportamenti e modelli di collaborazione tra istituzioni, aziende di gestione del servizio idrico, scuole e società civile.
Le città molto presto dovranno affrontare una domanda crescente di acqua potabile per effetto dell’inurbamento, della riduzione e peggioramento della qualità delle risorse idriche, farci trovare preparati è un dovere. Animare momenti di riflessione e far seguire ad essi azioni concrete per ridurre lo spreco e l’inquinamento del nostro oro blu è quanto mai necessario.
L’acqua non solo è una risorsa naturale indispensabile alla vita ma è anche un elemento cruciale di uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Di Antonella Sforza Fonti [1] UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute) La sfida: garantire acqua potabile e pulita a livello mondiale.
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