Cosa posso fare io per cambiare le cose? Come posso ridurre i miei impatti sul pianeta?
Ogni giorno, piccoli consumatori consapevoli si pongono queste domande. Prendiamo uno dei gesti quotidiani più banali: conservare avanzi di cibo nella pellicola. L’intento nobile nasconde un impatto ambientale pazzesco: migliaia di metri di plastica consumati, che spesso finiscono negli oceani.
C’è un’alternativa? Sì! Si chiama Apepak: un involucro alimentare realizzato al 100% con materie prime naturali in Italia! Un progetto nato negli Stati Uniti, ma con il grande cuore italiano di Massimo Massarotto.
Massimo, raccontaci: cosa hai trovato negli USA?
Un ecosistema favorevole al cambiamento e alla sperimentazione. Mi sono occupato di innovazione, intesa come la capacità di portare progresso. La California ha un ambiente scientifico, mosso da una grande coscienza comune: qui si lavora per risolvere le grandi sfide dell’ambiente - spinti da una forte energia costruttiva - mai bloccati da gelosie e protezionismi.
E poi ho trovato anche mia moglie, Molly. Fa l’artigiana: un lavoro manuale, legato a beni fisici, alla qualità dei materiali, mentre io vengo dal mondo digital, decisamente più etereo e mentale. All’inizio, nel 2017, l’involucro era poco più di un regalo natalizio di Molly per la famiglia, realizzato col tessuto della nonna e la cera d’api del padre, ma è stata per me l’occasione per sporcarmi le mani e produrre qualcosa di fisico. Grazie ai primi feedback, abbiamo migliorato e trasformato l’involucro in un prodotto vero e proprio.
I nostri lettori si chiederanno cosa c’entrino gli USA con l’economia di prossimità italiana. Ebbene, Apepak è al 100% Made in Italy. Come mai questa scelta?
Le motivazioni sono semplici, alcune personali, legate alla mia famiglia, altre più pratiche. Il prodotto non esisteva in Italia e, siccome poteva essere facilmente realizzato anche in casa e da chiunque, decidemmo di affidare la produzione ad una realtà veneta che conosceva mio padre. Si tratta di “L'Incontro Industria 4.0 Società Cooperativa Sociale”: una realtà di Vedelago (Treviso) che dà lavoro a persone più sfortunate, ha degli alveari e fa lavori di taglio e cucito. La produzione oggi impiega una decina di persone diversamente abili che tramite questo lavoro hanno la possibilità di mettere in luce talenti e creatività. Tutta la produzione è artigianale, dallo stoccaggio al taglio, alla ceratura e al packaging, ad eccezione della stampa del tessuto, industrializzata. Il prodotto tutela ambiente, persone ed economia italiana.
Grande nota di merito: personalizzando il pattern, il prodotto diventa uno strumento di storytelling della sostenibilità.
Esatto! Raccontiamo materie prime, certificazioni e persone attraverso una semplice stampa. Prendiamo la cera d’api ad esempio: per un apicoltore è quasi un prodotto di scarto, rispetto al miele. Insieme a CONAPI Mielizia riusciamo a valorizzare questo “sottoprodotto” e generare valore condiviso per un’intera filiera, raccontando la storia degli apicoltori biologici attraverso prodotti mono sorgente. Abbiamo da poco stretto anche un accordo con la Regione Trentino per usare cera del territorio: l’apoteosi della prossimità.
Un modello win-win legato al fil rouge della sostenibilità. Veniamo agli impatti ambientali del prodotto. Cosa cambia rispetto alle pellicole di plastica?
Gli Apepak sono realizzati con cera d'api bio, cotone bio certificato GOTS, olio di jojoba bio e resina di pino naturale. Inoltre, il tessuto è il 30% più spesso dei film di plastica, quindi dura di più nel tempo: è garantito un anno fino ad un massimo di 100 utilizzi senza usura e mantenendo inalterate le proprietà. Ogni involucro garantisce 30 minuti di lavoro solidale, 400 metri di pellicola risparmiati e 10 grammi di polline per le api. Sosteniamo, inoltre, un modello di business rigenerativo: assieme ad Apepak regaliamo semi di Vedovina Maggiore, un fiore che dona alle api il nutrimento che serve per creare miele e cera. Non ci interessa la gara alla conquista del mercato, ma onorare i nostri principi: dare in mano alle persone il potere di cambiare il proprio futuro e garantire reddito a chi ne ha bisogno.
Una grande verità: gli strumenti abilitano il cambiamento. Quale futuro state costruendo per Apepak?
L’obiettivo primario è migliorare il prodotto, renderlo più “malleabile”: formati diversi, come i sacchetti, i prodotti su misura e customizzati, migliorie tecniche (durata del prodotto, resistenza a calore, traspirabilità). Vogliamo scalare il modello, ma prima di tutto puntiamo al mercato locale, il network di prossimità: lavoriamo a stretto contatto con i produttori alimentari per migliorare i metodi di packaging dei cibi, adattando l’involucro alle esigenze del produttore. Poi, insieme a loro, esportiamo all’estero le eccellenze del territorio.
Credi che il tema dell’economia di prossimità sia prettamente italiano? Qual è la prospettiva americana su questo?
La California è piuttosto simile all’Italia: diversi paesi portano il nome di città italiane, ci sono tantissime vinerie costruite sul modello italiano, c’è una grande cultura del cibo, dell’artigianato locale, e una forte tendenza verso il chilometro zero. La pandemia è stata una wakeup call per riprendere il sistema alimentare locale e spingere sul microfarming. La differenza è che se fai qualcosa che funziona in California, ti ritrovi un mercato di 650 milioni di persone; se funziona in Italia, devi cambiare tutto appena esci dai confini.
Riferimenti
Apepak - https://www.apepak.it/
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