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Non pensarci nemmeno: perché il nostro cervello tende a ignorare il climate change

“Don’t even think about it” di George Marshall è il titolo del libro che propone un approccio illuminato a una delle domande più urgenti del nostro tempo: perché, nonostante le prove scientifiche schiaccianti, continuiamo a ignorare il cambiamento climatico?


La risposta è nella psicologia. Nel modo in cui il nostro cervello percepisce un problema e lo inquadra da un preciso, ma limitato, punto di vista.

Se è pur vero che Il climate change è ormai un tema mainstream, non è da considerarsi sempre, solo una cosa positiva. Perché viviamo in una quotidianità sempre più polarizzata, in cui due fazioni si rimbalzano dati e informazioni generando una battaglia mediatica dove conta solo aver ragione. E questo non aiuta la comprensione di situazioni complesse come quella del cambiamento climatico.


Gli scienziati che si interessano al tema sono concordi nel valutare negativamente gli effetti dei mutamenti imposti dall’uomo al nostro pianeta. E nell’affermare che è necessario intervenire adesso. Irrompendo nella nostra vita quotidiana con catastrofismi in sequenza, uno dopo l’altro. Questo non fa che assuefare l’orecchio di chi ascolta notizie di questo tipo e porta le persone a non vedere la reale minaccia.


È insito nella natura umana, infatti, preoccuparsi solo di ciò che ci pare un pericolo imminente, come evidenziato bene nel libro di Marshall: secondo l’autore, un approccio puramente scientifico non permette alle persone di annodare tutti i fili e percepire che cosa stia realmente accadendo intorno a noi.


Certe informazioni sono troppo tecniche e non sembrano toccarci direttamente. Certi argomenti sono troppo noiosi. E poi, esistono ambienti politico-economici che non hanno alcun vantaggio (anzi) dall’implementazione di politiche ambientaliste, e cercano dunque di instillare dubbi sull’effettiva portata del cambiamento climatico.

Come afferma Marshall nel testo, i dati scientifici razionali possono solo perdere contro storie emozionali che parlano al cuore e alla pancia delle persone.


Per questo motivo l’approccio dell’autore è indirizzato ad affrontare questo delicato tema utilizzando una forma discorsiva, con uno stile colloquiale.

In un dialogo lungo oltre 40 capitoli, riporta le voci di scienziati sensibili al tema del riscaldamento globale, i punti di vista di dirigenti d’impresa, ma anche di persone che la pensano diversamente, proprio per aiutarci ad aprire la mente. Uno dei passi più interessanti del libro è il racconto dell’incontro con i membri dell’area conservatrice americana (Tea Party), che considerano il cambiamento climatico al massimo una teoria tra le tante e che vedono nelle decisioni di governi ed organismi sovrannazionali a favore dell’ambiente solo un tentativo di limitare le libertà del popolo e creare un unico governo mondiale.


E per lo stesso motivo è solo al termine del libro che possiamo leggere una serie di soluzioni per affrontare i pregiudizi psicologici che ci impediscono di vedere la realtà: il cambiamento climatico è un’evidenza scientifica.




Riferimenti


Libro: “Don’t even think about it” di George Marshall

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