Sul perché sia importante parlare del cambiamento climatico non ci sono dubbi. Ma sul quanto e come si parli di questo tema possiamo fare invece diverse riflessioni: all’aumentare di catastrofi naturali, aumenta la quantità di news, voci e attenzioni verso il cambiamento climatico a disposizione, e così, per alcuni, la narrazione rischia di assuefarsi.
Secondo Eco-media, nel 2019 il 10% delle notizie affrontate dai principali TG italiani ha parlato di ambiente, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti [1]. Dei 36.896 servizi andati in onda sulle emittenti italiane, il 42% ha riguardato proprio le catastrofi naturali con un racconto degli effetti diretti e indiretti. Nel 2020 invece, i contenuti sui social network con almeno un hashtag sul tema della sostenibilità sono stati 69.300, il 40% in più rispetto al 2019 [2].
Di cambiamento climatico si parla tanto, ma quali sono i messaggi più efficaci? Sicuramente quelli che riportano informazioni corrette dal punto di vista scientifico e allo stesso tempo facilmente comprensibili per il grande pubblico. Funzionano meno quelle fondate invece sull’allarmismo, che nella comunicazione ambientale ne ha ormai “assuefatto” e saturato la narrazione, rendendo a volte difficile comprendere il fenomeno [3] e alimentando in molti le emozioni negative, tra cui eco-ansia, sopraffazione e inabilità ad agire, di cui sempre più giovani dichiarano di subire le conseguenze.
Secondo lo psicologo norvegese Per Epnes Stokens, per parlare di cambiamento climatico in maniera efficace occorrerebbe evitare le 5D [4].
• 1. Distance. Il cambiamento climatico rimane per molti qualcosa di distante e intangibile: l’abbondanza di risorse a cui siamo abituati rende faticoso capire il rischio di esaurirle. Ridurre la distanza significa creare analogie ed esempi di ciò che più interessa, passando da un’ideologia lontana (ad esempio l’orso polare a rischio) a una vicina (i rischi per un luogo d’infanzia).
• 2. Doom. Se la lotta al cambiamento climatico è rappresentata univocamente come un costo e sacrificio, si ottiene l’effetto opposto. Occorre invece stimolare la comunicazione su soluzioni e alternative: secondo lo psicologo, per ciascun rischio climatico dovremmo fornirne almeno 3.
• 3. Dissonance. Se ciò che sappiamo (es. La CO2 inquina) entra in conflitto con ciò che facciamo (es. Ci spostiamo solo in macchina), si crea dissonanza. La soluzione può essere il nudging, che spinge ad una scelta graduale e consapevole di abitudini migliori.
• 4. Denial. Paure e sensi di colpa trovano rifugio nell’auto-difesa, nel negare, nel non agire. Per incentivare anche solo alle piccole azioni, sono efficaci i feedback motivazionali, la visualizzazione dei progressi e il tracciamento.
• 5. iDentity. Leggiamo e ascoltiamo attraverso un filtro culturale, cerchiamo informazioni che confermino i nostri valori. Le storie sul cambiamento climatico dovrebbero essere facilmente filtrabili e vicine alla cultura.
La narrazione sul cambiamento climatico sembra occupare sempre più spazio online e offline – per stimolare all’azione pubblica e comune, occorre però incentivare una comunicazione ancora più efficace.
Di Emma Trevisan Fonti: Foto via Freepik
[1] Rapporto Eco-Media 2019. https://www.osa-ecomedia.it/research/
[2] La Repubblica, 18 marzo 2021. Ambiente, dal cibo alla moda: i green influencer ora spopolano sui social. https://www.repubblica.it/cronaca/2021/03/18/news/green_influencer-292622867/
[3] Oggi Scienza, 1 novembre 2018 I cambiamenti climatici sono già qui, ed è la chiave per comunicarli meglio https://oggiscienza.it/2018/11/01/come-comunicare-cambiamento-climatico/
[4] Per Espen (2015): What We Think About - When We Try Not To Think About - Global Warming; The New Psychology of Climate Action. Chelsea Green Publishing. http://www.chelseagreen.com/what-we-think-about-when-we-try-not-to-think-about-global-warming
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