Intervista a Camilla Colucci, CEO & Founder Circularity
Circularity è una start up innovativa e società benefit dedicata all’economia circolare, con base a Milano. Come esperti di sostenibilità a 360°, accompagna le imprese in tutte le tappe del percorso verso l’integrazione della circolarità nel proprio modello di business.
Come nasce Circularity, perché la scelta di una piattaforma come core asset del business?
Personalmente sono psicologa e nel 2017 mi sono laureata in marketing e comunicazione. Il tema della salvaguardia dell’ambiente è sempre stato importante in casa mia: mio padre ha lavorato per tutta la vita nel mondo della green economy, sia in ambito di gestione ambientale sia di efficientamento energetico. Mia mamma, invece, è geologa. Io stessa ho svolto diverse attività di volontariato ambientale, in particolare a tutela della biodiversità delle specie in via d’estinzione.
Nel 2017, parlando con mio padre che gestisce l’azienda di famiglia attiva nel settore della Clean Tech, del modello di business di Airbnb - diventato leader sfruttando le dinamiche della sharing economy - nasce l’idea di creare una piattaforma che faccia la stessa cosa nel settore della Gestione Rifiuti.
Nel 2018 Alessandra Fornasiero, Manager con 10 anni di esperienza nel mondo della CSR, diventa Co-Founder insieme a me di Circularity, Start-up innovativa e Società Benefit. Così partiamo ufficialmente coinvolgendo altre due persone interessate al tema che credevano nella nostra idea.
Come funziona la piattaforma? Possiamo dire che è quasi un unicum nel panorama nazionale di realtà che operano in ambito sviluppo sostenibile ed economia circolare?
Circularity è la prima piattaforma pensata per le aziende che raggruppa in un unico luogo tutti gli strumenti utili ad integrare la sostenibilità ambientale nel proprio business: formazione, tool di misurazione e consulenza tecnico-strategica per l’economia circolare e le tematiche ESG. Dal primo anno abbiamo lavorato internamente allo sviluppo della prima piattaforma di simbiosi industriale in Italia, sviluppata per creare un portale aperto a tutti (previa registrazione), con sottoscrizione di un abbonamento per fruire dei servizi.
Un progetto innovativo per realizzare uno strumento digitale pensato per le aziende e finalizzato a valorizzare i materiali di scarto. Fin da subito però ci siamo resi conto che le imprese erano restie a condividere i propri dati sui rifiuti e che facevano fatica a cogliere i benefici derivanti dall’economia circolare, non vedendo vantaggi competitivi.
All’inizio la piattaforma si è rivelata essere un flop: le imprese avevano ancora bisogno di essere supportate a livello consulenziale e guidate in un percorso di transizione. Perciò abbiamo iniziato a strutturare dei servizi di consulenza e formazione per realizzare progetti di economia circolare e altri strategici a livello analogico anziché in digitale. Abbiamo costruito così le prime referenze, strutturando un team commerciale interno che proponesse servizi a 360 °: dalla formazione alla consulenza strategica sui temi della sostenibilità ambientale, sino a studi LCA e alla misurazione dell’impronta carbonica aziendale.
E la piattaforma nel frattempo come si è evoluta? Come calcolate la percentuale di materiali che riuscite a riciclare?
Attualmente stiamo sviluppando anche un tool per misurare l’impronta carbonica aziendale, in termini di Scope 1 e Scope 2 in linea con il GHG protocol. Nella sezione dedicata alla simbiosi industriale, l’azienda può ricercare all’interno del database materiali da acquistare o di cui disfarsi (sotto prodotti, rifiuti o materiali riciclati) secondo una nomenclatura specifica che va a dettagliare le caratteristiche dei materiali da una macro classe (es. plastica) fino ad una micro classe (es. polimero), in modo da fornire agli utenti della piattaforma informazioni precise.
Tramite algoritmi sviluppati internamente, Circularity Platform individua automaticamente potenziali partner geolocalizzati sul territorio e autorizzati alla gestione dei materiali. Le imprese hanno totale autonomia nel contattarli e accordarsi con loro a livello commerciale, fase in cui non entriamo mai attivamente perché non siamo intermediari e non percepiamo fee sulla transazione.
Il valore aggiunto del matching è il calcolo dell’impatto ambientale relativo alla gestione dei materiali. I partner sono ordinati in base all’impatto che generano: rispetto ai mezzi di trasporto che utilizzano, alla distanza dallo stabilimento o dalle tecnologie presenti in impianto, la Circularity Platform fornisce il valore della CO2 equivalente che verrebbe risparmiata scegliendo un partner piuttosto che un altro. Il nostro obiettivo è poi far tornare le aziende sulla piattaforma perché ci diano un feedback rispetto alle partnership realizzate. Questi dati ci permettono di calcolare un grado di impatto ambientale che oggi non viene misurato da quasi nessuna azienda, a parte grandi gruppi.
Qual è il vostro contributo alla lotta al cambiamento climatico come azienda?
Il nostro core business è quello di supportare le imprese nell’attivazione di progetti mirati alla definizione di strategie di sostenibilità, al riciclo e al recupero delle risorse, alla misurazione dell’impatto ambientale a livello di stabilimento produttivo e di prodotto e a ridurre tale impatto con strategie di decarbonizzazione a lungo termine. Poi seguiamo anche tanti progetti di economia circolare che vanno a definire nuovi modelli di sviluppo e di consumo. C’è un mondo dietro alla valutazione di quanto impatta un prodotto e di come potrebbe essere ridisegnato per evitare la generazione di scarti. È un mercato nuovo e molto complesso in quanto si deve per forza entrare nel design di prodotti già avviati e consolidati oltre che di filiere strutturate. Noi di Circularity siamo una Società Benefit, perciò abbiamo come oggetto sociale anche quello di apportare un contributo positivo all’ambiente e alla comunità in cui operiamo. Il nostro team lavora quotidianamente a fianco delle imprese per supportarle ad efficientare i propri modelli produttivi e ridurre i consumi di risorse, sia diretti che indiretti.
Quali sono i settori che performeranno meglio in futuro rispetto alla lotta al cambiamento climatico in generale?
Non me la sento di fare generalizzazioni perché non ho dati alla mano sui trend di mercato. Nella nostra esperienza le aziende attive da più tempo nell’ambito della circolarità sono le realtà che operano nel settore agroalimentare. Anche le aziende di cosmetica, per esempio, si stanno attivando, poi dipende tanto anche dalla persona delegata che si occupa della sostenibilità in azienda.
Si tratta di settori che hanno consumatori finali presumibilmente più sensibili a tematiche di sostenibilità?
Assolutamente sì, e questo fa tanto, perché le aziende ovviamente riconoscono che il loro primo giudice è il consumatore per cui fortunatamente, anche grazie a Greta Thunberg e Fridays For Future, c’è stato un boom di interesse e incremento di consapevolezza su queste tematiche. Negli ultimi anni il climate change è, finalmente, diventato un problema di cui occuparsi. Istituti di Ricerca e Osservatori lo inseriscono tra le più importanti preoccupazioni delle nuove generazioni. Questo fa capire quanto, e aggiungo “per fortuna”, le nuove generazioni siano attente a salvaguardare l’ambiente in cui vivono, che poi è una precondizione della nostra stessa esistenza. Gli stessi scioperi per il clima lo testimoniano: abbiamo capito che per garantirci un futuro dobbiamo iniziare a difendere il nostro territorio, le sue risorse e la sua biodiversità.
Penso che dobbiamo investire per incentivare lo sviluppo di una coscienza popolare per rendere ancora più chiaro che il climate change è un problema reale e che spetta a noi risolverlo. A livello imprenditoriale, nascono ogni giorno nuovi progetti promossi da miei coetanei, che hanno i valori della sostenibilità insiti nel loro oggetto sociale: da iniziative di integrazione, inclusione e salvaguardia del sociale, fino a prodotti pensati per essere rigenerati. Nella vita quotidiana, dalla sharing economy alla raccolta differenziata, mi pare evidente che le nuove generazioni stiano dando l’esempio per promuovere nuovi modelli di consumo.
Di Giada Daolio
Intervista tratta dall'eBook "Il Clima cambia: soluzioni innovative per affrontare la crisi climatica", per leggere tutte le altre esperienze raccolte nell'eBook clicca qui.
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