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Se tra moda e sostenibilità ci mette lo zampino (buono) la blockchain


La fashion revolution che chiede alle aziende maggiore disclosure su ogni fase della catena di fornitura di un capo di abbigliamento - sin dalla sua prima fase di design del prodotto - è scoppiata appieno anche in Italia, tanto che il 13 marzo scorso si è tenuto, presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), un workshop di presentazione del primo progetto pilota che intende portare la tecnologia della blockchain al servizio delle piccole e medie imprese del settore tessile made in Italy e quindi anche dei consumatori in ottica di maggiore trasparenza.

Secondo quanto contenuto nel Report introdotto dall’intervento del Senatore A. Cioffi, Sottosegretario allo Sviluppo Economico, le tre parole chiave dell’iniziativa sono “origine”, “qualità” e “sostenibilità”.

L’obiettivo consiste dunque nell’aumentare la tracciabilità [1] dei capi lungo la filiera, contrastando anche la contraffazione tessile – causa della mancanza di circa 30.000 posti di lavoro - e fornendo una garanzia della sostenibilità sociale ed ambientale delle produzioni così da accrescere sia la fiducia del consumatore sia la limpidezza sulla tutela dei diritti umani, animali e ambientali.

Il progetto, realizzato anche grazie a Ibm, prevede l’individuazione di alcuni case study per verificare dove sia poi possibile applicare la blockchain. Dai rilevi dei relatori sono infatti emerse criticità connesse alla scarsa digitalizzazione delle PMI, ad eventuali incentivi per le aziende disponibili come caso studio e all’evoluzione dell’etichetta che incorporerebbe molte più informazioni di quelle di un’etichetta di oggi. Una delle questioni principali evidenziate dallo studio effettuato sulle 28 imprese (con fatturato medio di 21 milioni di euro) che hanno risposto alla survey è che circa il 60% non ha mai partecipato ad iniziative relative alla tracciabilità (né ha un social media manager o un digital manager che possa comunicare queste informazioni socio-ambientali al pubblico); in particolare, la blockchain è ancora poco conosciuta come strumento tecnologico e rapido per fornire al consumatore informazioni su qualità del prodotto, impatti ambientali, etica della produzione e valorizzazione del brand made in Italy.

A noi consumatori non resta che aspettare giugno per scoprire gli esiti del progetto pilota e se questa buona prassi si potrà estendere anche ad altri campi…



Fonte dei dati e dell’immagine:

https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Presentazione_MiSE_v41_sessione1.pdf

[1] Per la definizione di tracciabilità si vedano UN Global Compact e International Organization for Standardization (ISO).


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